La Costituzione italiana nonostante i suoi settant’anni di vita appare un testo ancora fondamentale ed attuale
Il primo gennaio 2018 non è soltanto l’inizio di un nuovo anno della seconda decade del terzo millennio, ma anche il compleanno della nostra Costituzione che compie ben settant’anni.
Approvata, infatti, il 22 dicembre 1947, entrava in vigore, esattamente sette decenni fa, ossia il primo gennaio del 1948, in sostituzione del vecchio e noto “Statuto albertino”.
La copia originale è custodita al Senato, davanti al tavolo, nella stessa sala dove, nell’ultima pagina, hanno apposto la propria firma sia il capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola, sia il presidente del consiglio Alcide De Gasperi.
Settant’anni fa i membri dell’Assemblea Costituente hanno discusso ed approvato, in meno di un anno e mezzo, la Legge fondamentale della nuova democrazia italiana, tempi che sembrano straordinari oggi, in cui alcune leggi restano impantanate nelle due camere per tre-quattro anni.
Nel 1947 l’Italia, uscita da due anni dal Secondo conflitto mondiale, mostrava ancora aperte tutte le ferite della guerra con migliaia di sfollati e senza tetto, campagne devastate, fabbriche distrutte o ferme, macerie ovunque, ma con gli abitanti sopravvissuti animati da una grande volontà, da una grande voglia di rinascere, da un’energia sociale che li spingeva a partecipare alla vita politica con grande entusiasmo.
I Padri costituenti, figli di questa energia, discussero articolo per articolo, verbo per verbo, parola per parola, con grande senso di responsabilità sino a redigere un testo che è stato anche fonte di ispirazione per le costituzioni di Paesi che riconquistavano democrazia e libertà dopo dure lotte contro regimi dittatoriali.
E’ facile capire come i Padri costituenti, reduci da un lungo e difficile periodo storico che aveva tolto ogni forma di dignità al nostro popolo, scelsero di concepire la democrazia non solamente come una serie di regole, ma come un “valore morale” che si proponeva di aiutare il cittadino a diventare “persona” in grado di relazionarsi con e per gli altri. Tale “valore morale” doveva essere anche in grado di affiancare i cittadini in un percorso, in un cammino che doveva portare il Paese allo sviluppo e al progresso sia umano che economico.
Deliberata dal “basso”, ossia decisa dal popolo attraverso i suoi rappresentanti eletti democraticamente, la Costituzione italiana si basa innanzi tutto su tre prìncipi fondamentali: la democrazia, la libertà, l’uguaglianza. [pullquote]Democrazia, libertà e uguaglianza[/pullquote]
La caratteristica democratica si rispecchia già nel primo articolo, dove si definisce l’Italia una “Repubblica democratica fondata sul lavoro la cui sovranità appartiene al popolo”. La fonte di ogni potere risiede, dunque, in tutti i cittadini, che possono partecipare alla vita politica dello Stato usando il diritto di voto per eleggere i propri rappresentanti in Parlamento.
La Costituzione afferma anche il rispetto dell’uomo come fine dello Stato, il quale deve garantire che nessuno possa violare i diritti fondamentali della persona umana, come ad esempio la “libertà”.
Il terzo principio fondamentale della nostra Costituzione è quello dell’uguaglianza.
Tutti i cittadini sono considerati uguali, sia di fronte alla legge sia nella loro vita sociale. Non devono esistere distinzioni tra uomini e donne, tra persone di razza, di lingue o religione diverse, tra ricchi e poveri, tra coloro che hanno differenti opinioni politiche: tutti hanno gli stessi diritti e doveri e lo Stato deve facilitare la realizzazione concreta di questo principio, eliminando tutti gli ostacoli che possano impedire l’effettiva uguaglianza tra i cittadini.
Vari ed articolati sono poi i diritti relativi ai rapporti economici, ed in particolare gli artt. 35 e 36, che tutelano il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni.
Lo Stato deve impegnarsi a far si che ogni cittadino, uomo o donna, trovi un lavoro da cui trarre i mezzi di sostentamento e quindi l’indipendenza economica, che è condizione essenziale per la propria libertà. Ogni lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e che sia, in ogni caso, sufficiente ad assicurare a sé e alla propria famiglia un’esistenza libera e dignitosa; che la giornata lavorativa non deve superare la durata prevista dalla legge; che il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite e irrinunciabili.
Tali articoli, completamente ignorati da politici miopi e per nulla interessati al bene degli Italiani se non alla propria poltrona, prevedono, nella società attuale, investimenti sul futuro e una ridistribuzione del lavoro. Solo a queste condizioni si può sperare di tenere sotto controllo la disoccupazione, soprattutto giovanile, che presto diverrà ingovernabile, visto che interessa un giovane su tre e circa cinque milioni di Italiani.
La Costituzione è soprattutto un inno all’essenziale valore della libertà, valore che il popolo italiano ha imparato a conoscere, poiché le sofferte esperienze storiche del passato aiutano ancora oggi a prevenire la tragica eventualità di una nuova perdita della libertà. Gli Italiani sanno che la Costituzione deve essere continuamente sostenuta in modo convinto da tutti. Protagonista della sua attuazione è perciò ogni cittadino, il quale deve applicarla partecipando attivamente alla vita dello Stato.
Prof.ssa Leonarda Oliva
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